giovedì 26 giugno 2014

Vale sempre

Sbagliando s’impara vale per sempre. E non che non lo sapessi, ma erano passati decenni: la tabellina del sette la sai, ma mica te la ripeti ogni giorno quando paghi alla Coop. Lo sbaglio è nel dare, nel darsi troppo. Lo sbaglio è nel fare, fare tanto, anche quando un po’ nel culo te la senti, ti fidi allora del tempo che magari poi le cose magari le cambia, forse te le avvicina, te le vende meno complicate. Ma si sà: le cose complicate restano complicate e se leggi le istruzioni, con pazienza, piano piano, le sistemi. Le persone complicate invece, diventano difficili poi diventano impossibili poi allucinanti e poi ti esplodono addosso. E allora ti siedi un attimo, guardi, guardi bene e non capisci. Ti guardi le mani, ti guardi allo specchio, ti guardi attorno e sembra che in un attimo, tutto s’ingoi dentro ad un vortice di detriti quello in cui hai creduto, in cui hai messo tutto quello che avevi da dare, proprio lì, nelle mani di un estraneo, di una persona come te, che ha la bocca gli occhi e il naso, le gambe e le braccia come le tue. Torni indietro nel tempo, all’uomo della pietra, a tutto quello che sai di quei tempi per verificare se ha funzionato così anche quel giorno; se l’essere umano da qualche parte nel tempo, ad un certo punto s’è fidato di un altro essere umano, se si sono seduti su una cazzo di pietra e si sono tenuti la mano, se hanno parlato, se non si sono traditi mai, se non si sono approfittati l’uno dell’altro, se facevano gioco di squadra, se si dividevano il pane in parti uguali, se vivevano serenamente due vite distinte pur essendo nella stessa vita, senza appropriarsi di quella dell’altro per non sentirsi inferiori agli occhi non si sa bene di chi, e per finire poi invece nel prendere tutto e sfanculare nell’angolo un qualsiasi mocio vileda. Ma poi, io che cazzo ne so dell’età della pietra? Io tra una settimana compio 37 anni. E sono cresciuto in mezzo ai sorrisi della gente, tra mille difficoltà e molte fortune, in mezzo a mille strette di mano, tra due schiaffi di mio padre e le carezze di mia madre, tra i tamburi della batteria, sopra e sotto i palchi a guardare, imparare, ad ascoltare, sempre scemo, con una telecamera o un microfono in mano, con una parrucca o una cravatta, sono sempre stato io, ero sempre io. Come tutti. E invece, proprio io che oggi con la vita avevo davvero fatto pace, mi sò scordato. Me l’ero dimenticato che non proprio tutti sono cresciuti in mezzo alla vita degli altri col rispetto sempre in tasca, imparando ogni giorno con pazienza come si fa a non far del male a qualcuno, o almeno, a fargliene il meno possibile. Le ferite si rimarginano. Tutte. Lasciano i segni, ma ogni graffio ti rende migliore di quel che eri prima e chi ti ferisce, ovviamente questo non lo sa. Le ferite si rimarginano. Pure le mie. Forse le mie di più, perché alla fine sono uno che corre incontro alle cose e alle persone a prescindere, altrimenti non ne vale proprio la pena essere qua; lo fai, lo fai e basta senza pensare che puoi correre incontro a qualcuno che ha sbagliato strada e che sale sul tuo treno accazzo e senza biglietto, così, solo per vedere com'è farsi un pezzo di strada con te, tanto tu la strada la conosci e dopo anni in piedi, viaggi nella sudata seconda classe che però ha la tv al plasma, il letto comodo ed il caffè Nespresso sul comodino. Ma la verità è un'altra. A me non me ne frega un cazzo che sbagliando s’impara. Non può la buona fede, l’amore e la dedizione, esser causa di infelicità, amarezza, dolore e delusione. Non è così, non può essere, io non ci credo anzi: non ci voglio credere. Io credo alla roulette. Alla roulette che ha due colori, è quindi matematico: non può uscire sempre nero. Se esce nero per un pò, o la roulette è tarocca oppure sta per arrivare il rosso. Rosso pieno. Che in un colpo solo, vinci tutto quello che hai perso e che si era pappato un altro. Basta restare in piedi ed aspettare. Mandare affanculo il dolore ed i rimpianti, le lacrime e i tormenti, lo squarcio in pieno cuore e le mani gonfie di rabbia. Perché la pallina bianca gira e rimbalza, gira e saltella e prima poi si ferma. Si ferma sul rosso, ed almeno per me, il rosso poi vale per sempre

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